(Crocefixio naturae)

Operazione Stefano. Ricevetti l’ordine di presentarmi all’Ammiragliato a La Spezia. In un Ufficio fui ricevuto dal numero 1. Mi disse che non c’era il tempo di convocarmi a Roma, il giorno dopo dovevo imbarcare a Genova sulla M/N Fernanda Emme, un mercantile diretto a Città del Capo in Sud Africa. Mi spiegò che si trattava di portare in Italia un Leader della lotta all’apartheid dell’African National Congress di Nelson Mandela. Non sapevo cos’era l’apartheid, non avevo mai sentito nominare Nelson Mandela e sapevo poco e niente dell’African National Congress, ma ero abituato a non fare domande ed ascoltai attentamente le istruzioni.

 

Si tratta di un movimento di liberazione della popolazione "nera" del Sud Africa -prese a dirmi il numero 1- purtroppo è troppo legata all’URSS, l’Occidente non può aiutarla come vorrebbe. Eppure il blocco e le sanzioni al Sud Africa lo vorrebbero gli Americani, non l’URSS. Ma, fatto sta, che è così. Nostri agenti laggiù, approfittando di alcuni dissidi interni ai movimenti di liberazione Africani, hanno contattato tempo addietro un giovane leader dell’A.N.C. Tra loro c’è chi è insofferente al legame con l’URSS, vorrebbe creare un Movimento Democratico per l’autocoscienza nera, indipendente da tutti. Questo è molto interessante per noi, ma anche per "Loro" (diede un colpetto con la testa alle sue spalle, come faceva sempre quando voleva indicare il K.G.B. il servizio segreto dell’URSS). Hanno identificato il ragazzo e lo hanno venduto alla polizia Africaans ... lo vogliono tutti morto !. proseguì il Generale - Non è una missione facile, vogliamo salvarlo, ma non sappiamo dov'è e, se lo cerchiamo attraverso i nostri agenti in Sud Africa, lo troverà anche chi li pedina. Perciò devi andare tu. Perché sono il più bravo - dissi aprendo le braccia. ... Perché sei un figlio di puttana e li fregherai tutti - disse lui ridendo e dandomi una pacca sulla spalla, alzandosi dal divanetto e andando verso la scrivania. Mi fece cenno di raggiungerlo per mostrarmi delle foto. Erano di un uomo di circa trent’anni che gridava alla folla, in un comizio, circondato da altri. Altre lo ritraevano in un bar che leggeva il giornale, mentre saliva in un taxi, mentre passeggiava, mentre si grattava ... di spalle, di dietro, di profilo, in camicia, in giacca e cravatta, in jeans. Aveva una faccia simpatica, specie quando rideva. In certe foto aveva un pizzetto non troppo folto, come cresce agli Africani, in altre foto no. Si chiama Steven, Stefano in Italiano - disse il numero uno - Non deve morire !. Sissignore ... non morirà Signore - risposi altrettanto seriamente. Avrai una cabina personale a bordo del Fernanda, con due cuccette, una è per lui. Come portarlo a bordo sarà un problema tuo, dovrai consultarti con i nostri laggiù ...Nessun problema signore - affermai io - nei porti, ed a bordo, non ci sarà alcun problema e, visto quel che mi ha detto ... (feci lo stesso cenno col capo che faceva lui per indicare il K.G.B), sarà meglio limitare ogni contatto. Bravo ragazzo, è proprio quel che penso anch’io, infatti, - disse ridacchiando il Generale - incontrerai solo una persona, ..."nera" e donna. Ha circa vent’anni, indosserà una giacca a disegni bianchi e blù e ti aspetterà, alle ore 13.00, del primo giorno, dopo quello di arrivo del Fernanda a Città del Capo, in Piazza ...(non ne ricordo il nome), esattamente sotto la scritta :"Santam Gebou" che vedrai sulla parete di un palazzo. Scegli un nome di donna. Sandra - dissi (era scritto su uno dei ritagli di giornale che vedevo sul tavolo). Bene, - disse lui - la avvicinerai chiamandola Sandra e lei si identificherà con la nona lettera del tuo codice. Questi sono i documenti di imbarco. Presentati a Genova, all’agenzia indicata lì, domattina e non tardare, la nave è in partenza. Prendi con te le foto, studiatele bene durante il viaggio ... avrai tempo ! disse ridendo. - Ma non devono arrivare in Sud Africa - aggiunse seriamente. Sissignore, non ci arriveranno signore. Mi diede la mano e dopo, facendo un passo indietro salutai : "Ave Italia morituri te salutant".

Mi accompagnò all’uscita dell’Ammiragliato, dandomi le ultime disposizioni : Appena sarai rientrato in Europa, o da qualsiasi porto fuori dal Sud Africa, chiama l’Ufficio X° citando : operazione Stefano. Verremo a prenderlo. Per chi non c’è abituato, passare due settimane chiuso nella cabina di un vecchio mercantile non deve essere piacevole - disse salutandomi ancora. No, non lo è Signore, ... nemmeno per chi ci è abituato, specie quando si finisce a girovagare per i sette mari Signore ! - dissi io, acido, alludendo all’Atria. Lo guardai ridere mentre salivo sul taxi che, evidentemente, aveva chiamato (... ma quando !?). Non lo avrei visto mai più. Ma, all’epoca, non lo sapevo.

Imbarcai a Genova il 1 Giugno 1977. Fu un viaggio più lungo del previsto, il Fernanda Emme era tenuta bene, ma era una vecchia carretta che solo un duro lavoro, da parte dell’equipaggio, riusciva a far navigare ancora. Infatti, erano state talmente tante le soste in alto mare per avaria in macchina (pistoni che fondevano, camice che bruciavano, testate che picchiavano), da farci credere di aver preso un "autobus" per Cape Town, anziché una nave !. Eravamo sempre tutti lì intorno, noi macchinisti, a dare di mazza sui bulloni ed a issare sui paranchi pistoni più grandi di noi. Col mare lungo dell’Atlantico al traverso che ci costringeva a fare anche gli equilibristi. Senza contare la difficoltà di impedire, contemporaneamente, il dondolio dei pezzi di ricambio, del peso di parecchie tonnellate, che ci potevano schiacciare come pulci ... "Dulcis in fundo" : il caldo equatoriale !. Lo sapevo, quando mi danno missioni "facili, facili", è il momento di disertare - pensavo in quelle occasioni temendo di finire di nuovo smarrito chissà dove. Invece, anche se con molto ritardo : ... "ci avranno dati per dispersi"- scherzava l’equipaggio, arrivammo a Città del Capo in una bella giornata limpida di fine Giugno 1977. Vidi, per la prima volta, proprio davanti a noi, la montagna piatta che sta alle spalle della Città. Il porto era pulito e pieno di aragostine, tutti si dedicarono a pescarle ed a cena : spaghetti all’aragosta. Il giorno dopo mi recai all’appuntamento. Presi un taxi che mi lasciò proprio sotto la scritta indicatami : "Santam Gebou" (non ho mai saputo che cos’era e che significava). Sotto c’era una bella ragazza Africana, vestita con una gonna blù scuro e la giacca come da istruzioni. Mi avvicinai e la chiamai :"Sandra ?". Annui dicendo : ?. Si incamminò facendomi cenno di seguirla. Entrò dentro dei giardini pubblici e si accomodò su una panchina. Sedetti anch’io. Credevo che tutte queste precauzioni, alla fine, facessero apparire sospetto anche quello che sospetto non è. Invece, capii dopo che, in Sud Africa, essere presi assieme, un bianco ed una "nera", era punito con sei mesi di reclusione. Una vera barbarie. Non avrei creduto possibile una cosa simile se non l’avessi vista con i miei occhi. Nei gabinetti pubblici c’era scritto :"for White only". Nei locali per "neri" i bianchi non potevano entrare. Naturalmente me ne fregavo di tutti questi divieti, erano violazioni dei Diritti Umani per me e, per sua fortuna, nessun poliziotto razzista ebbe mai a importunarmi durante la mia sosta lì.

(Sandra)

Nei locali per "neri", dove andavo ogni volta che potevo, c’erano molti ragazzi bianchi. Si sentiva dell’ottima musica e si stava in compagnie multietniche, come piaceva a me. All’ingresso, con Sandra, agli sguardi sorpresi dicevo sempre : I’m not white, i’m discoloured in washing machine ! . Finiva a ridere e mi facevano entrare a sentire un pò di James Brown, di Funky e di Disco-music come si deve !. In quelli del "for White only" c’erano solo bianchi ed anche la musica "nera" non poteva entrare, immaginatevi che pizza !. Scoprii anche che Nelson Mandela era un eroe per tutti gli abrogazionisti delle leggi razziali e che era chiuso in carcere, condannato all’ergastolo, da una decina d’anni, perché non voleva cedere ai razzisti. Un vero Gladiatore - pensavo. Comunque, ero in missione e non me l' ero scordato, Sandra mi accompagnava ovunque e, oltre ad aver saputo che Stefano si trovava a Port Elisabeth, riuscii anche ad organizzare un incontro. La nave era diretta a Durban, una città sulla costa orientale, nell’oceano Indiano. Da lì già sapevamo che il prossimo scalo sarebbe stato East London e poi Port Elisabeth. Io dovevo seguire la nave, Sandra avrebbe contattato Stefano, per lei sarebbe stato più semplice e, per lui, meno rischioso. Si sarebbe fatta viva al mio arrivo a port Elisabeth.

Arrivammo a Durban (... senza avarie) e ci restammo alcuni giorni. Una bellissima città, visitai l’acquario, una meraviglia unica per quei tempi. Un lungomare stile "America da cartolina". Ma, una sera, divertendoci un pò in un parco giochi sul lungo mare, vidi dei bambini "neri" fuori, aggrappati alla rete, che guardavano tristi, tristi l’autoscontro. Era "for White only!" . Me ne andai e non ci misi più piede.

(Bambini al Luna Park di Durban, 1977)

Il Sud Africa era un paese che violava i Diritti Umani e, cosa ancora più grave, aveva ufficializzato le violazioni con le leggi razziali. Proprio come fecero Hitler e Mussolini. Ma perché nessuno gli dichiarava guerra ?.

A East London ci fermammo un giorno. Arrivammo a Port Elisabeth ai primi di Luglio. Sandra era salita a bordo insieme a delle ragazze che si prostituivano, un buon modo di non destare sospetti, ma dovetti fare quasi a pugni con un marinaio che le aveva messo gli occhi addosso (... l’aveva vista prima lui !). In cabina mi riferì di aver incontrato Stefano Biko (così si chiamava) e di avergli detto tutto. Ma lui non credeva affatto di essere in pericolo di vita. Lo avevano arrestato altre volte e lo avevano dovuto rilasciare. Non gli dava motivi per trattenerlo, inoltre, in questo momento, non poteva lasciare il Sud Africa, stavano organizzando delle manifestazioni e la sua presenza era indispensabile. Ci restai di sasso. -" Lo vogliono uccidere ... glielo hai detto questo ?"- dissi. Yes, certain. - disse Sandra - Comunque vuole parlare con te, mi ha dato un appuntamento. E’ per stanotte, puoi sempre tentare di convincerlo tu. Si, ci proverò, la cuccetta è pronta, è tutto pronto, manca solo lui - risposi.

Restammo in cabina fino all’ora dell’appuntamento. Uscimmo dal porto passando davanti alla guardiola separatamente, ma il guardiano dormicchiava. Al ritorno, eventualmente Stefano si fosse deciso, avrebbe russato come un orso. Attraversammo un ponte sotto una specie di cavalcavia ed entrammo in un vicolo tra due palazzi. Uno era in costruzione. Incontrammo quello che credevo un bambino di circa 10 anni, invece ne aveva trenta, era di una etnia che restava piccolina (mi disse quale, ma non mi ricordo), era simpatico : ho 33 anni e due figli - mi disse ridendo. Era lì per noi, al nostro arrivo, doveva andare ad avvertire Stefano. Sparì e, nell’attesa, guardai nella strada illuminata. Era una via commerciale, piena di negozi e di vetrine illuminate. Vedevo alcuni manichini in smoking e qualche gioielleria, oltre al fatto che era deserta. Il "bambino" ritornò accompagnando due persone. Una la riconobbi subito, era l’uomo delle fotografie. Stemmo nell’ombra del vicolo, avevano paura della polizia, ma così potei vedere solo gli occhi ed i denti bianchissimi di chi mi parlava. Sandra mi aiutò a farmi capire al meglio, il mio Inglese non era perfetto. Ma alla fine sono certo che capì che non scherzavo affatto. "So che i Russi, nonostante le apparenze ufficiali di facciata, trafficano con il Sud Africa dell’apartheid, anche attraverso il Mozambico, per questo vorrei allontanare il nostro movimento da loro. Ma non credo che arriveranno ad uccidermi, non gli conviene" - disse. Risposi che le nostre informazioni erano sicure e che, vivo e libero, in Europa o altrove, avrebbe potuto fare di più per la sua causa che non morto qui. Sorrise dicendo : "I don’t know my friend". Mi diede la mano e mi disse di ringraziare chi mi aveva mandato e per l’interesse mostrato alla loro causa, ma che non poteva lasciare il Sud Africa. "Vi chiedo di parlare di noi e di far conoscere le nostre condizioni di vita e la violazione sistematica dei Diritti Umani qui in Sud Africa. - disse, aggiungendo - Come Nazione, potreste sollevare un incidente all’O.N.U per l’ingiusta detenzione a cui viene costretto il nostro Leader Nelson Mandela". Avevo capito che non serviva insistere, aveva scelto e già deciso. "Lo farò !. Per ciò che ho visto, la vostra causa è anche la mia, questi sono dei veri Tiranni!"- dissi salutando a mia volta anche il suo amico. Se ne andò passando dal vicolo buio, ma non abbastanza da nascondere che aveva un fisico forte come il carattere ed il coraggio che mostrava. Passammo il resto della notte con Sandra in una discoteca "segreta" dove ci aveva guidato il "bambino". L’indomani dovevo ripartire, mi aspettava una nuova traversata di "tutto riposo", verso l’Europa. Nel viaggio di ritorno andò tutto "quasi" bene (ma, il "quasi", è una storia troppo lunga !). Telefonai al numero 1 da "El Aayoun" nel Sahara occidentale a fine Settembre. Riferii tutto in breve, la linea cadeva continuamente. Mi disse poche parole : "Stefano è stato arrestato a Port Elisabeth (lui mi disse il 23 Luglio), da poco ho ricevuto notizia che è stato ucciso mentre tentava la fuga, ... questa è la versione ufficiale !". "Non è stata colpa mia - dissi - non ha voluto salvarsi, non potevo obbligarlo!". "Lo so!" - rispose. Ed è tutto quello che so dell’operazione Stefano. Riuscii a rientrare in Italia, al fine, il 15 Dicembre 1977, ... una bella fortuna !. Fui libero fino a Marzo 1978, dovetti imbarcare su un Jumbo diretto in Libano a Beirut, ma la missione si chiamò: Operazione Alexandria.

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