Operazione Alexandria. Fui mobilitato a fine febbraio, il 26, mi fu richiesto di presentarmi a La Spezia nell'Ufficio del palazzo sede dell'Ammiragliato, in Via Chiodo, che noi chiamavano Piazza Italia, perchè era proprio di fronte a quei giardini. Il 6 Marzo 1978, alle prime ore del mattino, ricevetti due buste gialle e sigillate da consegnare ai nostri agenti a Beirut e poi ad Alexandria d'Egitto. Un operazione che all'epoca non potevo immaginare l'importanza che avrebbe avuto nella mia vita. Portai di nuovo documenti riservati ai nostri agenti laggiù, dovevo entrare a far parte dell’equipaggio di una nave traghetto di linea con Beiruth e Alexandria d’Egitto, per questo quel nome. Si trattava del JumboEMME, della linea Ignazio Messina. La stessa con la quale l'anno precedente avevo raggiunto Città del Capo per l'Operazione denominata Stefano, che non andò a buon fine. Arrivai a Beiruth circa 5 giorni dopo, per via del maltempo e mare e vento contrari, l'11 o 12 Marzo. Cercai la profumeria del ’75, ma non c’era più ... nel senso che non c’era più il palazzo... tutto era stato distrutto dalla guerra civile. All'arrivo a Beiruth, quella mattina di primavera, mi accolse una bella giornata di sole e solo qualche raffica di mitraglia verso Avenue de l'Europe e in lontanaza, verso la valle della Bekaa qualche colpo di cannone. Era in corso una delle tante tregue, mai davvero rispettate, ma meglio degli scontri furiosi che scoppiavano all'improvviso. Consegnai subito la busta diretta a G-219. Lo trovai ad attendermi sulla banchina del porto, all'attracco. Il porto era controllato dai Cristiani Maroniti, nostri alleati. L'unica possibilità di entrare ed uscire da Beiruth senza sottoporsi alle ispezioni dei musulmani, che controllavano l'aeroporto e la zona nord di Beiruth era la via del mare. Se mi avessero fermato e controllato e trovato in possesso di passaporti italiani, senza fotografia, sarei stato fucilato. Era impossibile sfuggire a quei controlli. In ogni caso consegnai quegli ordini, uno in particolare riuscii a vederlo di sfuggita, mentre G-219, nella mia cabina, seduto allo scrittorio, apriva le buste. Dovette correre al bagno. Soffriva di dissenteria, come tutti a Beiruth, per via dell'acqua infetta. Non sempre si aveva a disposizione acqua minerale sigillata e quella che si trovava in rete era spesso infetta. Vidi che riguardava la ricerca di informazioni su un certo Moro. Sapevo a malapena che si trattava di un famoso politico italiano di quel tempo. Non mi occupavo di politica, ero quasi sempre impegnato in missioni all'estero e, d'altra parte, non erano cose delle quali dovevo sapere più di ciò che mi veniva detto. Ricordai questo nome perchè, consegnati quei documenti,dovetti restare a disposizione dell'agente locale per cercare informazioni su un traffico d'armi. Esattamente la via del rifornimento di armi sovietiche alla guerriglia islamica del Libano, Palestinesi, Drusi e Sunniti. Rientrai la sera del giorno dopo a bordo. Ripartiti col mercantile alla volta di Alexandria d'Egitto, durante quella navigazione ricevemmo da Roma Radio una notizia stringata, ma che fece sensazione tra tutto l'equipaggio: "L'on. Moro era stato rapito dalle BR e la sua scorta trucidata in Via Fani". Lo stesso nome di quell'ordine, Moro. Avevo però altro di cui occuparmi e non ci pensai più. Oltretutto potei rientrare in Italia solo a Ottobre. Sbarcai a Marsiglia il 2 Ottobre e rientrai in treno fino a Genova.

(Il terzo occhio della Medusa)

Ricordo che m'impressionò non poco rivedere quella bellissima città ridotta in macerie, non c’era più l’intero quartiere dove avevo conosciuto la ragazza più bella di tutto il medioriente, appena tre anni prima, e stava per non esserci più nemmeno la Città, ridotta ad un cumulo di rovine. Avevo sentito che si continuava a combattere dal ferragosto del ’75, ma non credevo che fossero arrivati a questo punto. Io, in ogni caso, nonostante la tregua dichiarata, sentivo raffiche di mitra di quando in quando. Il mio compito consisteva nel fare abbandonare la Città a persone che venivano accompagnate a bordo e che era pericoloso portare all’aeroporto. Le sbarcavo nel primo porto toccato dal traghetto, esterno al Libano : Tartus in Siria, Tarsus o Mersina in Anatolia (Turchia), Damietta sul Nilo ed Alexandria in Egitto. Di tutta quella operazione, di noiosa "routine" per me, ricordo solo il nostro contatto ad Alexandria che, una sera che lo aspettavo davanti all’ingresso del porto, disse nel suo stentatissimo linguaggio : Andreotti Kaput , Andreotti Kaput ! meravigliandosi molto che io non riuscissi a capire quel che voleva dire. Alla fine lo capii, voleva dire: "il Governo Andreotti era caduto poche ore prima !". Al che risposi col classico gesto universale che sta per :"chi se ne frega ?!". Doveva accompagnarmi da Mariouth, il negoziante che riceveva i documenti riservati provenienti da Beiruth e, nei vicoli della Città vecchia, nel retro bottega di una fumeria dove il nostro contatto si ostinava a darmi appuntamento. Una volta mi convinse anche a fumare il narghilè : un inserviente ci fece sedere tra i cuscini, arrivò un altro con la pipa ad acqua, mise qualcosa che aveva puzza di vino, sembrava mosto (!?) sulla pipa. Sopra questo appoggiò un pezzo di hashish, (dopo averlo reso piatto masticandolo tra gli incisivi). Poi prese della carbonella accesa e ce la mise sopra, passandomi la canna della pipa che dovevo aspirare. Lo feci e sentii l’acqua gorgogliare ... sempre più forte, fino a che non mi sembro una musica. Mi sentii proprio bene, ma, dopo un pò, cominciai ad avere "paranoia", guardavo tutti con sospetto ... mi sembrava di essere in pericolo !, non ripetei quell’esperienza. In Africa provai la marijuana, era un medicinale naturale: calmava i dolori delle ferite, calmava i morsi della fame, faceva sentire di meno il caldo e faceva ridere !. Inoltre, masticata, sembrava di avere pranzato ... forse conteneva vitamine buone, chissà ?.

(Mariouth)

Comunque a me, di Andreotti o di qualsiasi altro governo, non me ne importava niente e, se non me ne parlava lui, non ne avrei sospettato mai nemmeno l’esistenza!. Ma lui insistette a cercare di farmi capire che la missione era saltata, pare a causa della caduta del governo Andreotti ... boh ! ?.

Continuai quei viaggi in attesa di ordini che non arrivarono. Mi ero deciso a sbarcare quando, un ordine dell’Armatore, ci spedì tutti in Nigeria, Golfo di Guinea. E ti pareva che filasse tutto liscio ! ... in Nigeria ... sul fiume Niger, in mezzo ai coccodrilli, a sbarcare furgoncini della Peugeot. Di nuovo un caldo infernale, su navi senza aria condizionata (almeno in cabina, per riuscire a dormire). Ero furioso, ma non potei farci niente. Riuscii a rimpatriare e sbarcare a La Spezia il 3 Ottobre 1978. E questo è tutto quello che so dell’operazione Alexandria.

Fui inviato in diverse occasioni in U.R.S.S. Con la mia qualifica di Marittimo potevo entrare in qualsiasi paese, anche non riconosciuto dall’Italia, senza destare sospetti e controlli particolari. Per questo fui addestrato da tecnico di macchine navali. Forse sarebbe noioso raccontare tutto del finto sbarco a Vladivostok in Siberia, poco prima del disgelo ’79 (primavera), e della traversata dell’U.R.S.S. con la Transiberiana, di questo marittimo che aveva perso la nave e doveva raggiungerla a Leningrado, sul Baltico.Durò quasi due mesi, ma un breve riassunto posso farlo. E così fu chiamata in codice quella missione : Operazione Leningrado

 

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