Nel Maggio 1970, compiuti 16 anni, come tutti i primogeniti maschi della mia famiglia, mi arruolai volontario nell’Esercito Italiano. Nell’Estate dello stesso anno, nella scuola Militare S.A.S di Viterbo, nell’Aula Magna della Scuola, ci fu un concorso, ed io fui selezionato da Ufficiali del S.I.D. (Servizio Informazioni Difesa) per i "Reparti Speciali". Non mi fu detto quali, ma accettai. Mi si fece concludere il corso di addestramento in quella scuola. Trasferito, dopo il corso, alla Cittadella Militare della Cechignola a Roma, caserma Trasmissioni, dove imparai ad usare i mezzi di radio comunicazione dell’epoca, mi fu ordinato da un alto Ufficiale del S.I.D. di fare domanda di proscioglimento dalla ferma volontaria, la quale, anche se non prevista dai regolamenti, sarebbe stata accolta. Avrei dovuto presentare domanda di arruolamento volontario in Marina Militare, dove si sarebbe completato il mio addestramento con l’apprendimento della qualifica di Macchinista Navale. Non mi fu spiegato perchè, ma obbedii. Furono accettate, contemporaneamente, le mie domande di proscioglimento dalla ferma volontaria nell’Esercito e quella con la quale chiedevo l’arruolamento volontario a Maripers.

Nell’Estate 1971, dopo una visita all’Ammiragliato di La Spezia "dall’Ammiraglio Henke", fui inviato alle scuole C.E.M.M. della Maddalena, in Sardegna, dove iniziai il corso da Motorista e Macchinista Navale. Fui iscritto anche alle matricole della Gente di mare della Marina mercantile al n.16200 CA. Durante quel Corso, periodicamente, venivo condotto in un campo Militare sui monti intorno alla base di Poglina, vicino ad Alghero. Iniziava così un corso di addestramento parallelo ed una doppia identità anche all’interno delle forze Armate Italiane. Insieme ad altri miei coetanei frequentavo corsi di perfezionamento alle tecniche di guerriglia e sabotaggio in azioni da commandos, ipoteticamente, condotte dietro le linee nemiche. La parte più dura, ma anche quella che veniva definita "fondamentale" al superamento delle varie fasi del corso, consisteva nell’essere lasciati nel territorio montuoso tutt’intorno al campo con l’unico possesso di un "Gladio", così veniva chiamata la baionetta, più lunga e robusta di quelle in dotazione alle forze Armate Italiane. Ci venivano date 24 ore di vantaggio, dopo di che venivamo cercati dai gruppi cinofili ed elicotteristi che, "contemporaneamente", ignari, svolgevano addestramenti ed operazioni Anti-sequestri. Non dovevamo essere ritrovati e/o segnalati, nè chiedere aiuto ... acqua e viveri ad alcuno, nè rientrare al campo prima che fossero trascorsi dieci giorni. Dovevamo temprare il corpo alla resistenza e ci immergevamo d’inverno nelle acque del mare sotto le scogliere. L’unico sistema concesso per non gelare era la lotta tra noi ... e lottavamo per ore, anche dimostrando la nostra abilità nel riuscire ad impedire che le onde, sempre molto forti in quelle scogliere, ci sfracellassero sugli scogli. Non superare queste prove significava essere considerati "non idonei" e rientrare nei rispettivi reparti. Ci era fatto divieto di identificarci tra noi in maniera diversa dal numero di matricola e di fornire gli uni agli altri, notizie utili all’identificazione. Io ero G.71 VO 155 M (G. stava per Gladiatore, 71 era l’anno del corso, M. per Marina Militare, VO stava per Volontario e 155 era il mio numero personale, ma, essendo il "cucciolo", cioè il più giovane dell'ultimo corso, per tutti fui G.71). Superai quei corsi ed anche quello da Macchinista Navale. Fui inviato a La Spezia per il tirocinio sulle navi della Squadra (dovevo imparare a fare il macchinista navale e lavorare in sala macchine). Lo feci ... e feci anche molti giorni di C.P.R. (cella di rigore) perchè la Spezia era piena di belle ragazze ed io dimenticavo spesso (ogni volta che capitava l'occasione!) di rientrare a bordo!

(Tre Donne: Tre Colombe?)

Nel mese di Novembre 1973, dovevo essere impiegato in una Missione all’Estero, la prima. Dovevo presentarmi alla base di Aviano dove avrei avuto Ordini sulla destinazione e gli obiettivi della Missione. Da indiscrezioni su ... radio G. (Gladio), seppi che dovevamo raggiungere una base nel Sud della Sicilia in aereo. Da lì la II° Centuria avrebbe dovuto raggiungere, con mezzi navali, il Golfo della Sirte fino al limite delle acque Internazionali, poi, con i gommoni, la spiaggia di Bengasi ed una pista d’atterraggio con aeroporto militare e stazione radar, alle spalle della città (un altro obiettivo era una pista d'atterraggio circa 5 Km. alle spalle di Sirte, ma era un obiettivo delle Aquile e non ne sapevo di più). Saremmo stati aiutati dai ribelli Libici che stavano tentando di rovesciare il regime del dittatore Libico ed instaurare una Democrazia. Una volta preso l’aeroporto, saremmo stati raggiunti dalla I° Centuria ed avremmo dovuto convergere su Tripoli, più precisamente, verso un campo nomadi dove, i ribelli, ci avrebbero guidato verso la tenda di Muhammar Gheddafi. Il tutto nel massimo silenzio !. Pare che il numero 1 (il Generale, nostro Comandante) volesse fare un improvvisata al Colonnello Gheddafi che, in quel periodo, si diceva che avesse bisogno di una "pettinata !" (queste però erano spacconate ... o no !?). Era vero, però, che in quegli anni, Gheddafi lanciava continue minacce di atti terroristici contro l’Italia ed era opportuno che capisse, secondo il nostro Comando, che nessuno aveva intenzione di tollerare le sue aggressioni. Ricevemmo un contrordine : l’aereo sul quale ci saremmo dovuti imbarcare era stato "abbattuto". Così ci fu detto dal Generale Comandante, il numero 1, quello che dava gli ordini, (di persona o al telefono, dopo avermi identificato recitando il mio numero di Matricola) a me come a tutti i miei commilitoni. Ci disse che eravamo stati traditi, che dovevamo essere tutti morti su quell’aereo e che solo un contrattempo dell’ultim’ora ci aveva salvati !. Infatti, il primo ordine ci voleva imbarcati su quell’aereo a Napoli, e poi diretti ad Aviano, per imbarcare l’equipaggiamento ed altro personale. Altri ancora, le Aquile, le avremmo imbarcate a Pisa sulla rotta verso la base in Sicilia (forse Augusta). Sentii dire in quei giorni che la nostra Missione era necessaria per impedire che il Regime filo Sovietico della Libia di Gheddafi, portasse a termine l'Unione con la Tunisia di Alì Ben Bourghiba. Pare che questa Unione (disastrosa per il quadrante Sud della Difesa del Mediterraneo) fosse preparata per i primi mesi del 1974 e che, la stessa, fosse organizzata e seguita passo dopo passo dai migliori agenti del K.G.B. Sovietico che avevano anche già scelto l'ubicazione di alcune nuove basi aeronavali sulle rive del Mediterraneo Libico-Tunisino.

In seguito a questa infausta vicenda mi fu detto che sarei stato "congedato" (previa la mia solita richiesta) con il contingente di leva del I° ‘52, che si congedava a Dicembre del 1973. Obiettai che: "se fossi stato di leva, essendo nato il 10 febbraio 1954, sarei stato del I° ‘54 che ancora non era stato nemmeno "chiamato". Mi fu ordinato di attenermi alle disposizioni impartitemi e così feci. Fui congedato con il I° contingente del 1952 il 14 Dicembre 1973 a La Spezia. Dovetti recarmi a Roma, al Ministero della Difesa Ufficio X° al Primo piano. Lì, il Generale, "numero 1", mi presentò gli altri componenti della II° Centuria di Gladio detta "Lupi": 70 ... 69 ... 68 ... etc. Conoscevo di vista solo quelli della IX° e X° Decuria perché ci eravamo addestrati insieme. Ero inserito nella IX° decuria. Le Centurie erano : la detta delle Aquile, perché era composta da Aviatori, Elicotteristi, Paracadutisti e roba simile ; la II° detta dei Lupi, perché composta da uomini provenienti dalla Marina e dall’Esercito; la III°, detta delle Colombe, perché composta anche da donne e non veniva impiegata in operazioni di combattimento in prima linea o oltre le linee, ma per informazioni ed assistenza logistica. Ci fu consegnata in quella occasione una piastrina d’acciaio (con i primi soldi me la feci rifare di platino, ci tenevamo molto!) sulla quale era incisa la Matricola ed il gruppo sanguigno di ognuno e ci furono impartite le istruzioni: il numero di telefono era di una segreteria telefonica e mediamente ogni settimana, se non impegnati in missioni, bisognava chiamare per ricevere istruzioni. Solitamente un indirizzo dove presentarci "ovunque fosse!". Prima di partire per le Missioni si salutava:

"AVE ITALIA MORITURI TE SALUTANT" (per questo venivamo chiamati Gladiatori). Questo ci veniva insegnato fin dalle prime lezioni dei corsi sui monti di Poglina, per ribadire che, dalle Missioni, il ritorno era un imprevisto e, Noi, lo avevamo accettato!. Ci fu insegnato che gli ordini sbagliati non si eseguono e che sono sbagliati tutti gli ordini che violano le leggi di guerra e di pace, i Diritti Umani ed il codice d’Onore di Gladio. Il Codice d’Onore di un Gladiatore vieta la resa, il saccheggio, lo stupro ed ogni azione infamante di questo genere. Impone di combattere a morte la Tirannia e chiunque la serva, ovunque e comunque. I Gladiatori hanno giurato fedeltà all’Occidente Democratico ed all’Italia membro della NATO. Nessuno può violare o modificare questo Giuramento. In nessun caso è permesso di farsi identificare per chiedere aiuto, nemmeno ai Consolati ed Ambasciate Italiane all’Estero. Chi cade prigioniero durante una Missione, in nessun caso deve rivelare la sua identità. Ogni Gladiatore è Ufficiale Comandante di se stesso. Durante le operazioni si obbedisce a chi è stato designato per il comando. Caduto questo, assume il Comando il più anziano. A Missione compiuta, se è necessario prendere decisioni dalle quali dipendono la vita e il destino di ognuno, si indirà un Assemblea dei Gladiatori durante la quale, assunte tutte le informazioni necessarie e disponibili, e sentito il parere di ognuno, si metterà ai voti per alzata di mano. La Decisione, così assunta, avrà valenza di ordini sul campo come da Leggi di guerra. Detto questo, il numero Uno ci diede appuntamento per il giorno dopo in Piazza Venezia, sulle scalinate dell’Altare della Patria alle ore 09.00. Fummo tutti puntuali, c’era la IX e la X Decuria al completo : venti Gladiatori ... tutti in borghese. Presumo tutti "congedati" come me, ma nessuno lo disse ed io nemmeno. Ricordo che mi venne da ridere pensando al divieto di farsi identificare anche per ciò che riguarda la provenienza : c’erano tre Italo- Eritrei, quattro Italo- Somali e, per quanto riguarda gli Italiani "Italiani", bastava che aprissimo bocca per farci riconoscere. Dissi a G.70 : Infilaci almeno un "ostregheta ciò" tra tutti quei "minchia e bedda matri !". Ridemmo tutti a crepapelle ... l’accento e le espressioni dialettali erano un problema di tutti. Il numero Uno arrivò qualche minuto dopo di noi, in abiti civili, salì le scale senza guardarci e lo seguimmo fino in cima. Tra le colonne si fermò. Attese in silenzio che ci raggiungesse un altro, in Borghese anche lui, dimostrava circa 60 anni, non aveva niente che lo identificasse, ma sembrava esattamente quello che era : un cappellano militare. Lo dimostrò, infatti, iniziando a recitare il "Requiem aeternam" in Latino. Era la preghiera per le anime dei morti, la conoscevo perché mio Padre, da bambini, era l’unica preghiera che ci faceva recitare, ogni sera, prima di addormentarci. Per le anime dei morti - diceva il mio vecchio, ma non la ricordavo più ! . Il numero Uno la stava recitando ed anche noi iniziammo a farlo. Per chi morirà senza conforto - disse - ha avuto qui il suo funerale ... requiem stat in pax. Amen - dicemmo tutti in coro. (Come mi insegnò il mio povero Babbo, ...però, non trascurai di toccare ferro agguantandomi le palle). "E’ una sana abitudine !, io sono scampato così alla guerra d'Etiopia ed alla prigionia in Kenia, sul Lago Vittoria" - diceva sempre il mio vecchio. Colpimmo il petto col pugno destro e tendendo il braccio salutammo :Ave Italia Morituri te salutant. (...Sarà per questo che ci definivano fascisti ?. Una bella sciocchezza, era il saluto Romano dei Gladiatori a Cesare, prima di iniziare i combattimenti e la Repubblica Romana, a cui ci ispiravamo, era Democratica, non fascista!. Rituali, forse sciocchi, ma sulle tradizioni si reggono tutti gli eserciti, anche i reparti piccoli come il nostro e ... noi ci credevamo grandi, grandissimi !). Alla fine il cappellano ci benedisse e ci salutammo tutti stringendoci la mano. Mi fu detto in quell’occasione che, in assenza di ordini, dovevo svolgere la mia attività di Macchinista Navale presso la Marina Mercantile e che, di volta in volta, all’occorrenza, mi si sarebbe indicata qualche compagnia di Navigazione "Amica" e la nave diretta verso il "teatro delle operazioni". Nella Primavera del 1974, la mia Centuria ricevette la prima Missione. Nome in codice : Primavera dei Garofani.

 

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